Si era appena nascosto sul tetto quando un musetto familiare fece capolino dalla scala antincendio. "
Signorino!" esclamò vedendolo avanzare incerto verso di lui. Con un solo movimento gli fu davanti e lo aiutò a sedersi sulle tegole, la testa del ragazzo contro il proprio petto. "
Fa freddo qui sopra! Dovresti stare al caldo, aspetta lascia che ci pensi io" disse circondandogli il corpicino con le braccia ordinando al calore di avvolgere il giovane. Lui non ne emanava di proprio, ma le sue potenzialità lo rendevano in grado di crearne per riscaldare altri, dopotutto le temperature atmosferiche non erano qualcosa di cui avrebbe mai dovuto preoccuparsi. "
Va meglio?" domandò dopo qualche minuto. La sfera di calore che aveva creato avvolgeva interamente il suo padroncino e sperava che l'avesse regolata abbastanza bene, non voleva che soffrisse di un eventuale sbalzo termico. "
Mi dispiace aver disobbedito, ma appena sei uscito ti ho seguito" confessò ricordandosi solo in quel momento di un particolare che prima era passato in secondo piano. "
Sono stato anche al parco, ma prima che potessi avvicinarti l'ha fatto quest'altro ragazzo" continuò indicando col mento sotto di loro, dove Nathan fumava in compagnia di MaryLi. Si era frugato in tasca, nel frattempo, ed aveva estratto un ciondolino rosso a forma di goccia. "
Ti sei tolto questo... e mi sono permesso di raccoglierlo, ma se non vuoi posso distruggerlo" disse posandogli il braccialetto in una mano. Non credeva potesse essere possibile, ma si era come sentito rifiutato quando Alien l'aveva gettato via e stupidamente se l'era ripreso, infilandolo in tasca... tuttavia, nemmeno lui ne capiva il perchè... Il padroncino era stretto fra le sue braccia e avrebbe voluto fargli molte domande su ciò che aveva udito, pur non comprendendolo. La presenza che aveva colto al piano di sotto doveva essere il padre del ragazzo, ma non era come il piccolo l'aveva descritto e tutto ciò lo confondeva. Nonostante, fosse forte il desiderio di saperne di più, percepiva la difficoltà del giovane a parlarne perciò cambiò argomento indicando ancora una volta i due ai loro piedi. "
Lui è il ragazzo di tua sorella?" domandò vedendo come lei era scoppiata con la testa contro la sua spalla. La conosceva da poco, ma gli aveva dato subito l'impressione di una ragazza forte seppure con le sue debolezze e, a quanto pareva, il matrimonio dei suoi genitori era una di queste. Era strano, però... aveva sentito nei due sentimenti ed odori contrastanti... era come se non si potessero vedere eppure avessero bisogno della presenza dell'uno e dell'altra... era bizzarro... non capiva davvero che cosa li legasse perciò lo chiese al suo dolce signorino... sempre meglio che fargli domande sulla sua attuale situazione familiare, comunque!
Thompson le aveva aperto la porta senza una parola. Un gesto secco del capo le fece capire che voleva si sedesse sui gradini del porticato. Obbedì senza discutere. In un altro momento avrebbe fatto delle battute sulla sua scarsa capacità di parola, ma da quando suo padre era rientrato in casa dimostrando di non essere
davvero il suo papà, il sarcasmo le si era congelato nelle vene assieme al sangue. Non disse niente neppure quando Nathan le appoggiò un braccio sulle spalle, semplicemente lo lasciò fare e si limitò ad allungare una mano per prendere una sigaretta che accese dopo diversi tentativi. Il fumo nei polmoni non la rilassava come al solito. Non c'era più niente di benefico nell'aspirare, nel sentirsi invadere dalla merda anche dentro. No. Ora si sentiva soltanto sprofondare nello schifo, nel dolore, nello sterco e provava una sorta di malato piacere nel sentire il fumo bruciarle la gola e i polmoni, rovinare qualsiasi cosa al suo passaggio così come aveva fatto sua nonna quel pomeriggio. Le lacrime tornarono a pungerle gli occhi e soltanto quando il ragazzo parlò di nuovo riuscirono a liberarsi di ogni ostacolo, riversandosi finalmente sulle gote rosse per lo sforzo di controllarsi e il freddo.
CITAZIONE
"Non è colpa tua..."
La testa le cadde di lato, finendo sulla spalla di Nathan. Le mani corsero forti alle proprie ginocchie, si strinsero attorno ai jeans e alla carne delle cosce, facendole male, ferendola... ma era niente paragonato al dolore che provava all'altezza del petto, quel nodo che si stringeva sempre di più e minacciava di lasciarla senza fiato. Singhiozzò a lungo addosso al ragazzo che più odiava al mondo, lo stesso da cui aveva cercato con fatica di farsi perdonare per una frase infelice. Tirò più volte su col naso, ricercando un controllo che sembrava essere fluito via da lei attraverso tutte le lacrime che aveva perso in poco tempo. "
M-mi dispiace, Thompson. M-mi d-dispiace per tutto quello che ho detto... non avrei m-mai dovuto, s-sono stata proprio una s-stronza..." per quanto ci provasse non riusciva a smettere di piangere, continuava ad aggrapparsi con rabbia ai propri pantaloni e si sforzava di tirar fuori le parole che voleva dire all'altro. Sapeva di essersi già scusata con lui, di averle tentate tutte per chiedergli perdono nella maniera giusta, ma in quel momento si sentiva doppiamente merda. Aveva insultato qualcosa che per lei valeva quanto il deposito di paperon de paperoni:
la famiglia. Senza alcun riguardo per niente e nessuno aveva fatto parlare la ragazzina viziata ed arrogante che le dimorava dentro e aveva ferito Nathan lì dove anche lei era più sensibile. Quella era la giusta punizione per il suo essere stata tanto meschina, in un certo senso se lo meritava, ma lo stesso non si poteva dire di sua madre, di suo fratello e persino di suo padre.... "
T-thompson... possiamo restare qui questa notte?" domandò rialzando gli occhi alluvionati su di lui. Non sapeva neppure che cosa la spingesse a tanto, sapeva solo che a casa non avrebbe retto... non subito almeno e suo fratello era stato tanto in gamba da trovare ospitalità nella tana del lupo, tanto valeva approfittarne no? "
Se disturbiamo o siamo d'intralcio ce ne andremo, comunque... i-io... f-forse ho sbagliato a chiedertelo..." singhiozzò ancora abbassando lo sguardo. Cosa stava facendo? Lei non era così... eppure in quel momento non aveva la forza di fare altro e il petto di Thompson era comodo e...
sicuro... come un fortino segreto da bambini, un luogo al riparo dallo schifoso mondo dei grandi...
CITAZIONE
"So che non te lo dirò mai più ma ti prego... non lasciarmi ora perchè da solo non ce la posso fare."
Nonostante l'abbraccio di Dean lo stupì, si ritrovò a condividerlo e a sorriderne persino. "
Ammettilo che nonostante tutto ti sono indispensabile!" scherzò sperando di poterlo tirare un po' su. Nessuno si sarebbe lasciato andare a battute in un momento simile, ma lui era Invidia e se c'era qualcuno in grado di farlo era proprio lui. Gli scompigliò i capelli e gli mise in mano una tazza di caffè. "
Bevila, non sarà molto ma è meglio di niente" comandò lasciando poi che se ne andasse in salotto. C'era John di là, ma questo comunque non gli impedì di tenere sotto controllo la situazione da uno spiraglio nella porta chiusa. Prese il cellulare e compose il numero che ormai conosceva a memoria da sedici anni. "
Kevin? Sono io... ascolta sono dai Winchester, è successo un casino. Dean e Lilith hanno litigato, ora Samael è tornato il demone che era e l'altro è a pezzi. Puoi venire qui per favore?" chiuse la comunicazione poco dopo, si sedette sul davanzale della finestra e recuperò dalla tasca del giubbotto un pacchetto di sigarette sgualcite. Aveva detto al proprio uomo di aver smesso, in realtà era un vizio che una volta ogni tanto si concedeva ancora e in quel momento non poteva davvero farne a meno.
Da quando la ragazza, MaryLi, se ne era andata aveva continuato a sfogliare l'album in silenzio. Rimaneva concentrato interi minuti su alcune foto, neanche avrebbe saputo dire perchè. Si ritrovava rapito a fissarle, ma nulla di sostanziale cambiava a lui. A volte, alcune foto facevano scintillare i suoi occhi e la sua bocca si contraeva in un sorriso, ma era questione di un attimo. Solo per un momento sentiva battersi in petto qualcosa di strano, era come una luce che si accendeva e lo riempieva di emozioni mai conosciute prima, ma che suonavano familiari:
amore, dolcezza, affetto, apprensione,... Sentimenti di cui aveva sempre sentito parlare, ma che non era sicuro avrebbe mai potuto provare... non direttamente almeno... eppure una sola istantanea era capace di causargli tutto quello... come la foto di quel carro colorato che due bambini fissavano meravigliati.
CITAZIONE
"Qui i ragazzi avevano tre anni, sai... in quel periodo Alien sembrava non poterti soffrire, stava sempre appiccicato a me e tu ne soffrivi tanto. Comunque stavamo girando quando ad un certo punto ci siamo accorti che era sparito, dovevi vedere la tua faccia! Lo abbiamo cercato ovunque ma quando lo abbiamo finalmente trovato tu lo hai preso in braccio prima che potesse arrivare da me."
Si voltò verso Dean quando si sedette. Sembrava sapere di quello che parlava e lui non se la sentiva più di dargli torto. L'odore che aveva sentito provenire da entrambi i ragazzi era stata una bella conferma, dopotutto e poi c'erano le foto e quelle strane sensazioni che erano capaci di scatenare in lui. Sorrise stirato, non un ghigno, ma neppure il solito sorriso a cui tutti erano abituati... una sorta di meno inquietante via di mezzo. Il cacciatore però lo ammutolì prima che potesse dire qualsiasi cosa. Gli prese delicatamente l'album dalle mani ed estrasse una foto che era sicuro di non aver mai visto prima, non gli dava lo stesso formicolio delle altre... quella era nuova anche per il cassetto chiuso della sua memoria.
CITAZIONE
"non so perchè non ve l'ho mai fatta vedere a nessuno dei due, so solo che questa è una di quelle che preferisco. Ti chiedo solo un favore, probabilmente non me lo farai, se devi insultare qualcuno insulta me, non Alien. Tu non te lo ricordi ma quel ragazzo ti adora, sei suo padre, io posso sopportare quello che vuoi, lui no."
Una delle preferite di Dean... un'inedita per sè e il figlio... spinto da una forza sconosciuta allungò una mano e ne sfiorò i contorni... la vista di quell'immagine gli aveva riempito il cuore di tenerezza, era come se si sentisse strabordare e si meravigliava di non averne la nausea. "
Non lo insulterò più" disse dopo un minuto di silenzio. Non aveva dovuto pensarci, gli era venuto naturale il tempo di mutismo gli era servito per capire da dove nascesse quel pensiero. "
Non insulterò più nessuno... nè te nè lui... ma non farti illusioni, però... per me rappresenti ancora nessuno" il tono con cui lo disse risultò più affranto del previsto, avrebbe voluto esser duro ed inflessibile, invece quell'affermazione era risuonata come un messaggio di scuse "
perdonami per non esserci, per non ricordarmi niente, per starmi comportando come il peggior figlio di puttana esistente, ma ti prego credi in me, credi in noi ancora una volta" parole che si era formate nella sua mente senza che lui potesse impedirlo. Si era limitato a tenerle bloccate lì, sostituendole con altre che però avevano mantenuto la loro tonalità implorante e amara.
Patetico, dopotutto. Dean l'aveva fissato per qualche minuto, come se potesse esser capace di leggergli dentro e a fatica Samael aveva retto il suo sguardo... Poco dopo il cacciatore indicò un'altra foto: era lui che dormiva coi bambini, li stringeva entrambi accanto a sè e il suo volto era sereno... non si era mai visto così...
CITAZIONE
"Avevano sei anni e tu continuavi a prenderli sul letto ogni qual volta che facevano un pò di capricci, hai smesso di portarli a letto con noi verso i dieci. Sei un padre apprensivo e chioccia, uno starnuto e secondo te dovevamo infilarci in macchina e portarli al pronto soccorso, anche adesso a dire la verità... no... ho sbagliato. Fino a ieri, oggi sei di nuovo il principe dell'inferno, non mio marito. Fino a quando ti ricordi? La stanza della bambina o quello dell'albergo?"
Aveva ragione. Lui era il principe dell'inferno e quel giorno lo era più di quanto mai si fosse sentito in quel ruolo. Sospirò cercando di riportare l'ultima sua memoria alla mente. "
Ricordo una camera d'albergo... tu sotto di me che mi implori di prenderti con maggiore forza... ricordo parole pesanti, sfottò continui ed un piacere dilagante... una delle scopate migliori della mia vita! Però il tuo volto è sfocato, non definito... è come se fosse un ricordo vecchio di secoli... oppure... è come se tu non sia importante in tutto ciò...." confessò mentre il proprio sguardo si faceva vuoto. Il senso di colpa per quelle parole lo stava infettando come un veleno...
ma perchè? Cos'era che non ricordava? Cos'aveva rimosso della sua vita? Quella vera che tutti sembravano conoscere e di cui lui non rimembrava neppure un frammento... eppure sembrava così felice in quelle foto... cos'era andato perduto....? "
Dean... cos'è successo? Perchè sei come un estraneo per me?" domandò senza avere però la forza di rialzare lo sguardo su di lui ed affrontarlo come il principe dell'inferno che era sempre stato avrebbe fatto senza remore.